Le persone incontrate in tutte le Caritas presenti nella Diocesi di Rimini

Il 2020 è stato un anno indubbiamente particolare, che passerà alla storia per la pandemia del Covid-19 e che tutti noi, che lo abbiamo vissuto, ricorderemo per mascherine, gel igienizzanti, morti, terapie intensive, positivi e in quarantena, con l’Italia suddivisa in zone rosse, arancioni, gialle, lockdown e coprifuoco alle 22. Proprio a causa di questa pandemia, come Caritas, pensavamo di dover dichiarare un numero di persone incontrate nettamente superiore agli anni precedenti, considerata la sospensione di vari ambiti occupazionali, invece è pressoché simile a quello dell’anno scorso: nel 2020 abbiamo incontrato 4.368 persone, nel 2019, 4.468; se contassimo tutte le persone appartenenti a ciascun nucleo, gli individui assistiti nel 2020 dalle Caritas sono stati 10.035, di cui 2.382 minori.

Ma se consideriamo quante volte in un anno queste persone si sono rivolte alla Caritas, ci accorgiamo che il loro accesso è più che triplicato: da 39.942 accessi nel 2019, siamo passati a 74.090 passaggi. Questo implica fondamentalmente due aspetti: il primo è che i poveri sono sempre più poveri e necessitano di rivolgersi alla Caritas in modo continuativo; il secondo è che le persone che le Caritas della Diocesi di Rimini hanno servito nel 2020, sono tutte persone del territorio, che quindi si sono rivolte alle Caritas perché hanno trovato in esse un punto di riferimento.

Rispetto a quest’ultimo aspetto è infatti da segnalare che le limitazioni sugli spostamenti, dovute ai vari DPCM intercorsi nel corso dell’anno, hanno fatto sì che ci fosse una bassa mobilità interna, per cui coloro che venivano da altri comuni o regioni, nella speranza di trovare lavoro e casa in riviera, sono stati un numero notevolmente ridotto rispetto al passato. Questa riduzione di spostamenti ha inciso inevitabilmente anche sul flusso delle persone che hanno fatto accesso alle Caritas, specie alla Caritas diocesana, all’interparrocchiale di Riccione e alla Caritas San Pio V di Cattolica (che sono le tre Caritas che in diocesi dispongono di una mensa). I dati confermano che nel 2020 la Caritas diocesana ha incontrato 1.267 persone, invece di 1.446 del 2019, Riccione Interparrocchiale 564, invece di 772, Cattolica 385, invece di 466. La maggior parte delle Caritas parrocchiali, invece, hanno registrato aumenti pari a volte al 20% e altre al 40%.

L’identikit dei nuovi poveri

A livello percentuale i nuovi poveri sono il 35,4%, un dato abbastanza in linea rispetto agli anni precedenti, quello che cambia è invece la composizione:

  • Cresce la percentuale degli italiani che si attesta al 45,5% dei nuovi;
  • Tra gli italiani aumentano i giovani tra i 19-34 anni che rappresentano il 14% dei nuovi italiani e gli adulti tra i 35 e i 54 che sono il 46%;
  • Tra gli italiani sono per la maggior parte uomini soli (44,5%), ma aumenta rispetto al passato, il numero delle famiglie (39,4%);

  • Sia per quel che concerne gli italiani che gli stranieri, aumentano le persone che vivono in casa in affitto (46,5% degli italiani e 48,9% degli stranieri), diminuiscono coloro che sono privi di abitazione (l’8,6% degli italiani ed il 15,4% degli stranieri), ed aumentano coloro che vivono in residence o subaffitto (trattasi spesso di persone che sopravvivono esclusivamente grazie al Reddito di Cittadinanza e/o alla disoccupazione) in questa condizione il 7,3% degli italiani ed il 10,8% degli stranieri.

In estrema sintesi potremmo dire che il volto dei nuovi poveri è rappresentato da famiglie italiane (con o senza figli), che vivono in affitto e che hanno perso il lavoro, trattasi spesso di un’occupazione nel settore turistico, della ristorazione, del divertimento, ma anche operai e braccianti.

Seppur in percentuale minore, ma in aumento rispetto al passato, c’è anche una nuova ulteriore faccia della povertà italiana quella rappresentata dagli anziani che, in alcuni casi, sono rimasti in grande difficoltà perché si sono presi in carico figli e nipoti mantenendoli con la sola entrata della pensione.

Tra gli stranieri prevalgono le famiglie con minori a carico, specie del nord Africa e dell’America latina, ma sono tornate a bussare anche le donne dell’Est, in forte difficoltà perché il lavoro come badante è altamente diminuito, sia perché i servizi di assistenza in ospedale sono stati sospesi, sia perché le famiglie hanno timore ad accogliere persone estranee in casa, con il rischio di far ammalare i propri cari.

Tra le difficoltà che le persone hanno segnalato, oltre alla mancanza reale di lavoro, ci sono il ritardo nel ricevere la disoccupazione e la cassa integrazione, ma anche le difficoltà burocratiche per richiedere i sussidi statali quali il Reddito di Cittadinanza, il Reddito di Emergenza o i vari bonus attivati per l’emergenza covid-19. È da precisare che molti hanno saputo di questi aiuti, nel momento in cui si sono rivolti alla Caritas perché spesso il problema di queste persone è l’assenza di informazione, ma anche di strumenti e l’analfabetismo digitale.

Cresce la presenza femminile

A livello nazionale le donne incontrate dalle Caritas hanno raggiunto il 54,4%, nella diocesi di Rimini invece la maggioranza è ancora rappresentata dagli uomini, ma si inizia a scorgere un cambio di tendenza, infatti dal 44,6% del 2019, sono passate al 46,6%. L’aumento di quest’ultime si relazione alla crescita delle donne dell’Est che sono tornate a chiedere aiuto, in quanto hanno, nella maggior parte dei casi, perso il lavoro come assistenti familiari. Molte di esse hanno raccontato di essere tornate in patria appena scoppiata la pandemia, sono poi rientrate in Italia nella speranza di riuscire a trovare nuovamente lavoro per aiutare le proprie famiglie, ma i posti di lavoro sono nettamente diminuiti in quanto molte cooperative o agenzie di assistenti familiari hanno sospeso o ridotto il proprio servizio in quanto sia gli ospedali, che le case di cura o i ricoveri per anziani, non hanno permesso a persone esterne di svolgere il servizio, onde evitare ulteriori trasmissioni del virus.

Ma le donne non sono solo quelle dell’est, la presenza maggiore in Caritas è rappresentata dalle donne italiane (826), seguono le marocchine (228), le albanesi (119), le rumene (117). Nella maggior parte dei casi si tratta di donne che vivono con il proprio nucleo famigliare e che si sono rivolte alla Caritas per chiedere aiuto per tutta la famiglia. Mentre tra gli uomini, ad esclusione degli albanesi (che per la maggior parte vivono in famiglia) e dei marocchini (che sono equamente suddivisi tra coloro che vivono in famiglia e coloro che sono soli), la maggior parte vive da solo.

Aumentano adulti ed anziani

Rispetto al passato è evidente che le classi di età che hanno più sofferto gli effetti della pandemia sono rappresentate da adulti ed anziani, questo non vuol dire che i giovani non siano stati colpiti, ma semplicemente che quest’ultimi hanno fatto riferimento ad altri aiuti per affrontare questo periodo difficile. Tendenzialmente o si sono rivolti alle proprie famiglie o, avendo più capacità informatiche, sono riusciti a districarsi meglio per chiedere eventuali aiuti statali o comunali.

Per comprendere meglio da chi sono composte queste classi di età, è necessario, per lo meno, suddividerle tra italiani e non italiani, in quanto si riscontra una notevole differenza.

Come si nota dal grafico, gli stranieri sono per la maggior parte rappresentati da persone tra i 25 e i 54 anni, mentre gli italiani sono prevalentemente tra i 45 e i 64 anni. Sicuramente una cosa che accomuna entrambi è che le categorie più colpite sono quelle rappresentate da coloro che sono in un’età lavorativa, seppur tra gli italiani c’è una presenza importante anche di over 65, da precisare però che non si tratta di soli pensionati, ma anche di persone che non hanno ancora raggiunto la pensione, ma per le quali trovare un lavoro è diventato alquanto impossibile.

Gli italiani sono il 44%

In dieci anni gli italiani che si sono presentati alle Caritas della diocesi di Rimini, sono passati dal 20,5% al 44%, un incremento davvero notevole. Se ci fermiamo un attimo a pensare a questi ultimi dieci anni, possiamo sicuramente affermare che in questo aumento di povertà hanno inciso: la crisi economica mondiale del 2008, che nel nostro Paese ha avuto effetti più forti a partire dal 2011, i cambi di governo che hanno creato instabilità economica e occupazionale, basti pensare al tasso di disoccupazione, se nel 2011 era del 8,4%, nel 2020 ha raggiunto il 9%, che sembra una crescita minimale ma in realtà incide parecchio sulla popolazione. A livello demografico è crollata la presenza dei giovani e si è ampliata invece quella degli over 65 (passando da un indice di vecchiaia del 144 nel 2010, a 179,3 nel 2020), con un evidente aumento di persone bisognose di cura, contro una diminuzione di persone attive in ambito lavorativo e produttivo. Il tutto si è poi ulteriormente amplificato con il Coronavirus che ha portato morti, che ha fermato diverse attività lavorative, che ha causato smarrimento, insicurezza, distanziamento sociale, ulteriori solitudini e discriminazioni.

Per comprendere meglio chi sono gli italiani del 2010 e quali quelli del 2020 che si sono rivolti alle Caritas della diocesi di Rimini, abbiamo creato un profilo di entrambi che ci aiuta a scorgere le differenze e a conoscere come la povertà degli italiani è cambiata sul nostro territorio.

Nel 2010 gli italiani che si rivolgevano alle Caritas di Rimini erano:

  • Per il 58% uomini, con un’età media tra i 35 e i 54 anni, per la maggior parte celibi;
  • Il 58% degli uomini era senza dimora, viveva da solo, era disoccupato ed aveva come titolo di studi la terza media;
  • Le donne erano anch’esse per la maggior parte tra i 35 e i 54 anni, anche se era importante anche la presenza di donne più mature, tant’è vero che il 30% era coniugata ed il 17% vedova. L’82% aveva dimora ed il 62% viveva con la propria famiglia, una su quattro aveva la V elementare e una su dieci non possedeva alcun titolo o era analfabeta.
  • Il 40% degli italiani veniva da fuori diocesi.

Nel 2020 gli italiani che si sono rivolti alle Caritas di Rimini sono:

  • Il divario tra uomini e donne italiani si è assottigliato: i primi sono il 56%, le seconde il 44%;
  • Per entrambi l’età è cresciuta, solo che gli uomini si concentrano di più tra i 45 e i 64 anni, mentre le donne si distribuiscono in una fascia più ampia: dai 45 in su, con un 12% di over 75;
  • Le donne sono egualmente nubili e coniugate (28% per entrambi gli stati civili), seguite dalle divorziate che sono il 14%, mentre gli uomini sono per il 46% celibi, per il 20% coniugati, per il 17% separati.
  • Ad essere più colpite sono le famiglie italiane, infatti, rispetto al 2010, sono aumentati sia gli uomini che le donne che vivono in famiglia (i primi sono il 35%, le seconde il 66%), tra gli uomini la maggior parte continua a vivere solo (57%), ma è cresciuta anche la percentuale di donne che vivono sole (dal 25% nel 2010 al 30% nel 2020).
  • La maggior parte degli italiani è disoccupato, ma tra gli uomini è cresciuta la percentuale di coloro che hanno un’invalidità (8%) e di chi è pensionato (13%), mentre tra le donne sono aumentate quelle con un’occupazione (11%) e le pensionate (22%).
  • Sia per gli uomini che per le donne il titolo di studio più frequente è la terza media, ma tra le donne è cresciuta la presenza di un diploma di scuola superiore (11%), tra gli uomini quelli con un diploma professionale (18%) e per entrambi i sessi i laureati si aggirano intorno al 2,5%.
  • Il 76% degli italiani ha residenza nella diocesi di Rimini, quindi è cresciuta notevolmente la povertà locale.

Una Caritas sempre più multientnica

Gli stranieri che si sono rivolti alle Caritas della diocesi di Rimini sono il 54% di tutte le persone incontrate, la loro provenienza è alquanto variegata.

La presenza principale è rappresentata dai Nord africani che si aggirano al 30% e che sono per la maggior parte marocchini, divisi equamente tra uomini soli e famiglie con minori.

C’è un aumento di coloro che provengono dall’Europa centro-orientale, che raggiungono il 25% e che sono rappresentati in gran parte da Ucraini, prevalentemente donne sole sopra i 54 anni.

Cala la presenza di africani che provengono da altre regioni e che rappresentano il 17% e sono in gran parte senegalesi e nigeriani, prevalentemente uomini soli, ma cresce, negli ultimi anni anche la presenza di famiglie con minori.

Diminuiscono coloro che appartengono all’Unione Europea, sono il 16%, in particolare sono diminuiti i rumeni che sono passati dal 18% del 2010 al 6% nel 2020, si tratta sia di uomini e donne sole, che di famiglie con minori o coppie.

Crescono i sud americani, passando da una media del 3% al 7,5%, in particolare si tratta di peruviani, colombiani, domenicani, venezuelani ed ecuadoregni, si tratta sia di famiglie (spesso numerose), ma anche di singoli, prevalentemente giovani.

Resta più o meno stabile al 3% la presenza degli asiatici, si tratta sia di rifugiati politici, provenienti in particolar modo dal Pakistan, che di famiglie con minori o singol provenienti per di più dal Bangladesh.

I DPCM hanno tutelato coloro ai quali scadeva il permesso di soggiorno

Da un’indagine di Legacoop, presentata su Repubblica l’8/03/2021, si legge che il 31% dei disoccupati è straniero. In particolare, i settori più colpiti sono quello delle colf e delle badanti. Altro dato, confermato anche dall’Istat, è che tra coloro che hanno perso per primi il lavoro nel 2020, ci sono quelli che hanno un basso titolo di studio, tra cui diversi stranieri che avevano impieghi quali: lavapiatti, camerieri, buttafuori, tuttofare.

Il 49% degli immigrati che si rivolge alle Caritas di Rimini, vive sul nostro territorio con il proprio nucleo familiare e circa il 45% lavora per mantenere la propria famiglia rimasta in patria. Il rischio di non poter rinnovare il proprio Permesso di Soggiorno, crea quindi conseguenze non solo sul singolo individuo, ma su tutto il nucleo familiare, in quanto senza questo documento la persona sarà impossibilitata nel trovare un lavoro regolare e quindi uno stipendio fisso.

I DPCM intercorsi nel 2020, hanno salvaguardato il rischio di un aumento importante di irregolari autorizzando le posticipazioni delle scadenze di tali documenti per garantire il rinnovo in situazioni di maggiore sicurezza per gli impiegati e gli stranieri stessi. Seppur questo non abbia comunque permesso di beneficiare di un reddito constante, ha perlomeno tutelato l’immigrato dal ritrovarsi in una situazione di irregolarità e di conseguenza anche nel poter accedere e far richiesta di eventuali bonus di sostegno per sé o per la propria famiglia.

Aumenta la “povertà grigia”

Nel 2020 quasi l’80% delle persone che si sono rivolte alle Caritas della diocesi di Rimini, aveva un’abitazione, questo vuol dire che diminuiscono le situazioni di povertà estrema, mentre aumentano le cosiddette “povertà grigie”, cioè quelle persone e famiglie che sono scivolate sotto la soglia della povertà, che hanno un’abitazione, ma che non sono in grado di sostenerla, perché impossibilitate nel pagare i canoni di affitto o le rate del mutuo e nel sostenere le utenze. Il Decreto salva sfratti, prorogato fino al 30/06/2021 ha permesso a tantissime famiglie di non ritrovarsi in mezzo a una strada; così come la sospensione dei mutui, prorogata anch’essa per il 2021. Ma una volta terminate le proroghe sarà da considerare quante di queste persone che hanno perso il lavoro, sono riuscite a reinserirsi in un ambito occupazionale, o ne sono rimaste fuori. Come Caritas temiamo seriamente che gli effetti della pandemia saranno molto più forti nel 2021 e nel 2022.

È molto importante sottolineare che il Reddito di Cittadinanza ha agito da paracadute per coloro che erano in una situazione di povertà estrema. Infatti, rispetto al passato, la diminuzione dei senza dimora è stata possibile, sostanzialmente, per due fattori: il primo perché essendo ridotta la mobilità interna, sono diminuite le persone senza dimora che accedevano al territorio di Rimini per la ricerca di un lavoro; il secondo perché, una buona parte di senza dimora, è riuscito ad usufruire del Reddito di Cittadinanza e ha quindi potuto beneficiare di una stanza di albergo, di un affitto in un residence o in un monolocale. In una situazione come quella della pandemia si è quindi rivelato uno strumento realmente importante.

Resta comunque importante il numero delle persone che, nel 2020, in tempo di pandemia, dove il motto è stato: “restate in casa!” circa 650 persone, sul territorio di Rimini, non avevano un posto sicuro dove posare il capo. Non solo queste persone sono state e sono a un rischio più alto di contrarre il virus, ma sono state ulteriormente messe in difficoltà per l’accesso ai luoghi pubblici come le toilette, in quanto chiusi sia i ristoranti che i bar. Difficile anche mendicare quando l’altro viene visto come possibile “untore” e quando è necessario il distanziamento sociale. Alcuni sono stati vittime di multa perché sprovvisti di mascherina che, non sempre sono stati in grado di reperire (nonostante sia la Caritas sia gli altri organismi caritativi, hanno cercato di distribuirne il più possibile). Ancora più difficile trovare ospitalità da amici o conoscenti, nella misura in cui condividere uno spazio chiuso aumenta il rischio di diffusione del virus tra i coabitanti. Un anno, insomma, davvero difficile per i senza dimora. La Caritas diocesana ha dovuto sospendere per un periodo le accoglienze in dormitorio, fino a quando, nel dicembre 2020, ha aperto un albergo con camere singole con bagno, capaci di garantire l’ospitalità in sicurezza per la salute di ciascun ospite. La Caritas di Cattolica, per garantire le norme di sicurezza, ha continuato ad ospitare le persone che erano in struttura prima della pandemia e non ha potuto offrire nuova ospitalità. Difficoltà anche per fare le docce, perché tutte le realtà sul territorio hanno dovuto adottare strumenti in grado di igienizzare e di garantire la sicurezza per gli ospiti e per gli operatori. Nel frattempo sono stati distribuiti pacchetti di salviette monouso per almeno una pulizia minimale. Le prime docce sono state organizzate l’11 aprile grazie a un lavoro di squadra coordinato dal Comune e dalla Protezione Civile, che ha visto collaborare insieme Caritas, Papa Giovanni, Croce Rossa e Associazione Rumori Sinistri. Nel mese successivo sono poi partite regolarmente, con tutti gli accorgimenti necessari per la sicurezza, nelle varie strutture caritative del territorio.

Povertà tra le mura domestiche

La pandemia ha fatto crescere la povertà tra le mura domestiche. In aumento infatti sia i proprietari di casa (passati dal 5,1 nel 2019 al 6,1% nel 2020) che coloro che sono in affitto (da 41,4% nel 2019 a 50,8% nel 2020), stabile invece la presenza di persone che vivono in case popolari (circa il 10%).

Sono 249 le persone che hanno una casa di proprietà, di queste 68 hanno bussato per la prima volta alle Caritas nel 2020. Per la maggior parte si tratta di over 55enni; l’85% è italiano ed il 15% immigrato.

Sono 2.058 le persone che vivono in una casa con contratto d’affitto, il 37% di queste non si era mai rivolto alla Caritas prima di quest’anno, tra questi 121 vivono in residence o pagano posti letto in appartamenti condivisi con altri. La fascia d’età più diffusa è quella tra i 35 e i 50 anni; il 62% è straniero, il 36% italiano ed il restante 2% con doppia cittadinanza.

Parlare di povertà tra le mura domestiche non deve e non può far pensare esclusivamente ad una povertà di tipo economico, le difficoltà all’interno di una casa possono essere molteplici, specie in un anno come questo dove si è stati obbligati ad una convivenza forzata. Possono essere subentrati o essersi amplificati problemi relazionali tra la coppia o tra genitori e figli, problemi logistici legati agli spazi condivisi dove uno o più figli svolgevano la DAD, problemi legati alla salute di un familiare che, in caso di covid è stato costretto all’isolamento, ma in caso di altre malattie ha comunque avuto bisogno di cure e di assistenza spesso a carico di una persona sola, problemi di violenza verbale o fisica, problemi di dipendenze, problemi con la giustizia. Ma la casa a volte implica anche problemi di solitudine specie in un anno dove si è stati costretti a rimanere in casa. Molti, specie gli anziani, si sono sentiti soli e abbandonati e la Caritas è risultato l’unico volto amico, col quale scambiare due parole.

Sono 1.125 le famiglie con minori in casa, che si sono rivolte alle Caritas della diocesi di Rimini, per un totale di 2.382 minori in situazione di difficoltà. Sono diversi anni che, come Caritas, segnaliamo il problema della povertà minorile ed il problema della povertà educativa. I bambini e i ragazzi che crescono in situazioni di disagio economico, sono spesso coloro che non potranno continuare gli studi, che faticano nella quotidianità perché ogni giorno devono combattere per riuscire a fare ciò che per gli altri bambini è “normale”, come avere dei vestiti puliti e non logori, come riuscire a mangiare tutti i giorni, avere un pc e una rete internet attraverso la quale studiare, avere un cellulare per poter comunicare con i coetanei, poter invitare gli amici a casa a fare i compiti o per una festa di compleanno. Sono certamente bambini e ragazzi forti, perché ogni cosa l’hanno dovuta sudare, hanno dovuto lottare, ma spesso il loro futuro è segnato. Inizieranno a lavorare presto, si sposeranno presto e non potranno inseguire i propri sogni ed ambizioni perché la società non saprà accoglierli, perché li escluderà a prescindere. A questi bimbi e ragazzi quest’anno è stato anche, per lungo tempo, negato lo spazio della socializzazione. Le scuole fatte a distanza per lungo periodo, i centri educativi chiusi, i centri sportivi chiusi, il catechismo fatto a distanza, nel primo periodo del lockdown addirittura le bandelle di divieto per l’utilizzo dei giochi al parco. I minori hanno davvero e stanno ancora molto soffrendo di questa pandemia, molti segnalano problemi relazionali e paure o fobie, non sarà semplice ridare all’infanzia il tempo che gli è stato negato.

Le più colpite dalla povertà sono le famiglie e le persone sole

 

I due grafici vanno abbastanza di pari passo, è evidente che la pandemia ha colpito di più le famiglie (i nuclei familiari sono il 44,7%, ed i coniugati il 40%) e le persone sole, che però diminuiscono rispetto al 2019 (passando dal 37,5% al 34,9%), mentre celibi, separati, divorziati e vedovi aumentano, seppur non sia detto che si tratti di persone che vivono sole, perché potrebbero comunque convivere con partner e/o figli o con conoscenti.

Le famiglie si sono rivolte alle Caritas principalmente per tre motivi: richieste alimentari, richieste di contributi per affitti e bollette, richieste di aiuti per i figli (latte, pappe, pannolini, ma anche materiali scolastici). Rispetto alle richieste alimentari, fondamentali sono stati gli aiuti che le parrocchie hanno ricevuto dai parroci, dai parrocchiani, dagli Scout, dalla Protezione Civile, dall’Azione Cattolica, dai Team Bota, dai Comuni, dai supermercati e dai negozi ed artigiani locali. Si sono mobilitate, in tutta la diocesi, tantissime squadre di solidarietà, a volte capitanate dai parroci stessi o dai responsabili delle Caritas parrocchiali, altre volte coordinate dalle operatrici del Piano Marvelli, attivato appositamente dalla diocesi e della Caritas diocesana di Rimini, per far fronte alle emergenze causate dalla pandemia. Grazie a questi aiuti non sono mai mancate risorse alimentari e anche la distribuzione è spesso avvenuta a domicilio, in modo da salvaguardare la salute di tutti e andare incontro alle persone e famiglie in difficoltà. Da ricordare inoltre i fondi stanziati dai Comuni, che hanno permesso di integrare acquisti alimentari alle persone e famiglie stesse, attraverso l’erogazione di buoni.

Grazie al Piano Marvelli sono stati stanziati anche cospicui aiuti economici per aiutare non solo le persone e le famiglie in difficoltà, ma anche per creare progetti innovativi all’interno delle parrocchie, capaci di offrire risposte nuove ai bisogni emergenti.

Sia le famiglie che le persone sole, si sono rivolte alle Caritas anche per chiedere orientamento e supporto nella compilazione delle pratiche burocratiche per accedere ad eventuali aiuti statali o comunali. Con la pandemia tantissimi uffici pubblici sono rimasti chiusi al pubblico e la maggior parte delle pratiche sono state dirottate alla compilazione on-line. Ma non tutte le persone sono in possesso degli strumenti e delle capacità per adempiere alla compilazione di tali pratiche digitali. La richiesta di bonus, lo Spid, la domanda per la casa popolare, qualsiasi attività oggi richiede almeno un consulto su un qualche sito e la compilazione di documentazione digitale. Se è vero che questa modalità snellisce le file e permette a ciascuno di compilare le sue cose con calma, è vero altresì che chi non ha dimestichezza con il digitale e non dispone di una rete internet o di un pc, si sente alquanto smarrito e spesso automaticamente escluso dall’accesso a tali benefici. Quello che in breve vogliamo segnalare è il problema dell’analfabetismo digitale, per il quale lo Stato ha il compito di attivare corsi e aiuti specifici per tutti coloro che fanno difficoltà a causa dell’età avanzata o a causa del basso titolo di studio.

Italiani con basso titolo di studio

A conferma di quanto detto sopra, rispetto al tema dell’analfabetismo digitale e rispetto all’aumento di disoccupati con un basso titolo di studi, i dati confermano che la maggior parte delle persone (attorno al 50%), che si sono rivolte alle Caritas, ha la licenza media inferiore e circa il 20% ha esclusivamente la quinta elementare.

Il diploma professionale è circa allo stesso livello tra italiani e stranieri, attestandosi al 15%, mentre più sale il livello di studio e più aumenta la presenza di immigrati che ne sono in possesso, anche se in egual misura, ci sono anche immigrati analfabeti o privi di alcun titolo di studio.

Questi dati confermano il tema della povertà educativa, nella maggior parte queste persone provengono da famiglie altrettanto povere o in situazioni di difficoltà e quindi loro stessi non hanno potuto continuare gli studi, crearsi una propria professionalità e quindi essere spendibili nel mondo del lavoro. Un basso profilo professionale è presto rimpiazzabile e chi non possiede un buon titolo di studio spesso rischia di avere un lavoro precario e stipendi bassi. Di conseguenza farà fatica a donare un futuro dignitoso ai figli che, a loro volta, dovranno lottare per risalire la china della scala sociale e riuscire ad avere una posizione o, quanto meno, rimanere a galla.

Aumentano i pensionati

La presenza dei disoccupati passa dal 70% al 65%, non tanto perché diminuiscono le persone prive di occupazione che si rivolgono alla Caritas, quanto perché cresce il numero di pensionati e di invalidi, crescendo le fasce d’età delle persone incontrate.

Da sottolineare che i volontari delle parrocchie ci hanno segnalato che non sempre i pensionati si rivolgono alla Caritas per loro stessi, quanto piuttosto per i figli rimasti disoccupati e per i nipoti che sono rimasti in difficoltà. Si tratta quindi di genitori che, nonostante il passare degli anni, sono in una condizione di prendersi cura dei propri figli e di non poter piuttosto beneficiare dell’aiuto dei figli in tarda età.

Per quel che riguarda i disoccupati quelli che sono stati maggiormente colpiti sono i lavoratori stagionali e quelli del settore della ristorazione, del turismo e del divertimento, presenti anche operai e braccianti. È presumibile che tante altre categorie professionali siano state colpite, ma non abbiano avuto il coraggio di chiedere aiuto oppure si sono rivolte esclusivamente ai parroci e non sono state censite dai volontari. Tra le difficoltà che hanno segnalato, oltre alla mancanza reale di lavoro, ci sono state: il ritardo nel ricevere disoccupazione e cassa integrazione, ma anche le difficoltà burocratiche per richiedere i sussidi statali quali il Reddito di Cittadinanza, il Reddito di Emergenza o i vari bonus attivati per l’emergenza covid-19. Non sempre le persone che si sono rivolte alla Caritas per la prima volta quest’anno, hanno poi continuato a chiedere aiuto, in diversi casi si è trattato solo di richieste per un lasso di tempo limitato, in attesa di ricevere appunto la disoccupazione o la cassa integrazione. Alcune persone, ricevuto il Reddito di Cittadinanza, hanno sospeso il servizio perché non volevano togliere il pasto a persone che fossero in maggior difficoltà. Questa presenza sporadica ha fatto sì che non ci fosse un’adeguata conoscenza tra le parti, per cui, molti disagi e difficoltà sono poi tornati ad essere nascosti dietro ai muri delle case, dopo aver timidamente bussato per chiedere aiuto per la prima volta.

Le risposte delle Caritas della Diocesi di Rimini

Purtroppo con la pandemia è venuto meno il servizio più importante della Caritas che è quello dell’Ascolto. In realtà i colloqui sono stati di gran lunga superiori a quelli conteggiati (3.263), ma essendo stati telefonici, informali, in contesti diversi dal solito, molto spesso i volontari non li hanno registrati, per cui questi sono i risultati. Va considerato che una buona fetta dei volontari dei Centri di Ascolto ha un’età superiore ai 65 anni, per cui, come Caritas diocesana, abbiamo caldeggiato l’attenzione a non esporsi in situazioni di pericolo per la propagazione del virus. Dal mese di giugno quasi in tutte le Caritas è ricominciata l’attività dell’Ascolto e la maggior parte ci ha segnalato che dal 2021 hanno ripristinato anche le vecchie modalità e stanno facendo colloqui più attenti e costruttivi. Nel 2020 alcune hanno attivato numeri telefonici di emergenza specifici per la Caritas, così come molti parroci hanno svolto il ruolo del Centro di Ascolto, in assenza dei volontari.

Sono cresciute notevolmente le richieste di fabbisogno alimentare: i pasti preparati nelle mense della Caritas diocesana, nella Caritas interparrocchiale di Riccione “Madonna del Mare” e nella Caritas di Cattolica San Pio V, hanno raggiunto quasi 135 mila unità, contro le 95 mila dell’anno precedente. I pacchi viveri distribuiti sono stati circa 27.300 di cui 8.800 portati a domicilio, mentre nel 2019, furono 18mila, di cui circa 2.400 a domicilio. Queste richieste alimentari sono state soddisfatte grazie alle tantissime donazioni di privati, aziende, supermercati, ristoranti, catering, alberghi e grazie ai tantissimi volontari impegnati nella raccolta, nello smistamento e nella distribuzione, tra cui segnaliamo una forte presenza di giovani che hanno messo a disposizione il proprio tempo a servizio dei poveri.

2018 2019 2020
Interventi Persone Interventi media servizi a persona Persone Interventi media servizi a persona Persone Interventi media servizi a persona
ascolto 4.846 39.624 8.2 4.468 39.954 8.9 3.126 3.263 1.0
Pasti 1.359 110.842 81.6 1.477 95.782 64.8 2.065 133.757 64.8
pacchi viveri 1.803 16.620 9.2 1.878 15.933 8.5 2.463 18.459 7.5
viveri a domicilio 90 1624 18.0 62 2.409 38.9 190 8.826 46.5
docce 678 9.717 14.3 690 11.043 16.0 267 7.271 27.2
indumenti 1.722 8.238 4.8 1.829 7.138 3.9 942 3.845 4.1
dormitorio 659 9.058 13.7 577 8.828 15.3 98 935 9.5
accoglienza a lungo termine 21 2.716 129.3 14 1.496 106.9 35 3.766 107.6
farmaci 386 1.000 2.6 370 1.632 4.4 162 676 4.2
Visite mediche 344 787 2.3 119 191 1.6
Prestazioni infermieristiche 27 55 2.0 8 8 1.0
Apparecch-materiale sanitario 32 32 1.0
materiale scolastico 71 121 1.7 61 78 1.3 81 102 1.3
sussidi economici € 146.541 426 108.924 255.7 519 114.471 220.6
buoni pasto € 1.690 401 16.920 42.2 599 39.080 65.2
alimenti e prodotti per neonati 96 527 5.5 85 437 5.1 82 393 4.8
Lavoro (Fondo per il Lavoro) 18 18 1.0 18 18 1.0 62 17 0.3
Carrelli spesa (Emporio Solidale) 335 2.219 6.6 295 1.986 6.7 257 1.584 6.2

Seppur il servizio docce sia stato sospeso per quasi tre mesi, sono comunque state garantite circa 7.300 docce a oltre 250 persone che vivevano in strada, senza contare quelle delle quali hanno potuto beneficiare gli ospiti del dormitorio di Cattolica e quelli accolti nella Locanda 3 Angeli della Caritas diocesana a Torre Pedrera.

Il servizio di raccolta e distribuzione indumenti è stato sospeso in Caritas diocesana per circa 2 mesi, mentre in alcune Caritas parrocchiali per tempi molto più lunghi, attualmente si è chiuso uno dei centri più forniti che era quello situato in via Duca degli Abruzzi e gestito dalle Caritas di San Gaudenzo, Crocifisso e San Raffaele. La sospensione di questo servizio è dovuta al timore iniziale che il virus potesse trasmettersi attraverso i tessuti e fosse quindi molto pericoloso raccogliere abiti usati (che spesso provenivano da persone decedute), per poi ridistribuirli a persone in difficoltà. Con il passare del tempo e la miglior consapevolezza sul covid-19, ha fatto prendere precauzioni diverse. Raccolta dei vestiti, messa in quarantena per 14gg degli abiti usati, messi ad arieggiare e disinfettati, per poi rimessi in circolazione, senza che venissero toccati dagli ospiti, ma solo dagli operatori. Sono così stati distribuiti quasi 4mila capi di abbigliamento, che potrebbero essere molti di più se i volontari li registrassero con maggiore attenzione.

Il dormitorio di prima accoglienza in Caritas diocesana è stato aperto fino all’8 marzo ed ha ospitato 98 persone per 935 notti, a dicembre è stata poi aperta la Locanda 3 Angeli a Torre Pedrera, dove tutte le camere sono state trasformate in singole con bagni e lì si è data accoglienza a 30 senza dimora fino al 30 marzo 2021, per poi farne entrare altri 20 fino alla fine di giugno, in modo da permettere una rotazione. Tra gli ospiti accolti in Locanda e quelli della Caritas di Cattolica, si sono ospitate complessivamente 35 persone per 3.766 notti.

Nella diocesi di Rimini sono presenti tre ambulatori Caritas: l’Ambulatorio Nessuno Escluso in Caritas diocesana, l’Ambulatorio solidale presso la Caritas di San Martino di Riccione e un Ambulatorio di distribuzione farmaci presso la Caritas San Pio V di Cattolica che, nel 2020, ha interrotto il proprio servizio. I primi due mesi del 2020 l’Ambulatorio Nessuno Escluso era aperto regolarmente due mattine a settimana e svolgeva visite mediche e distribuzione farmaci. Con l’arrivo del Coronavirus i medici hanno dato disponibilità per visite su appuntamento e, a partire da giugno, hanno ripreso il servizio una sola volta a settimana, svolgendo le visite senza contatto, ma solo su base del racconto dei sintomi del paziente e continuando invece nella raccolta e distribuzione dei farmaci. L’Ambulatorio solidale è stato chiuso da marzo a giugno, per poi riaprire regolarmente una volta a settimana. Complessivamente i due ambulatori hanno 676 farmaci e svolto quasi 200 visite mediche.

Rispetto al passato c’è stato un incremento di richieste per materiali scolastici, alcune Caritas parrocchiali si sono adoperate per acquistare tablet o pc, o per aiutare le famiglie nell’acquisto di linee internet più efficaci. Sono stati realizzati più di 100 aiuti per l’ambito scolastico ad una ottantina di famiglie.

C’è stato un boom d richieste economiche, soprattutto per i pagamenti delle utenze e degli affitti, molte non sono neppure passate dai Centri di Ascolto, ma si sono rivolti direttamente ai parroci. Per alcuni sono stati attivati progetti specifici finanziati dal Piano Marvelli che, di suo, ha erogato 12.550 euro. I sussidi economici erogati complessivamente raggiungono i 115 mila euro, ma siamo certi che sono molti di più rispetto a quelli elargiti realmente, in quanto i parroci non sono soliti registrare sul pc i soldi che elargiscono alle persone in difficoltà.

Altri 40mila euro sono stati elargiti sotto forma di buoni da spendere presso supermercati convenzionati, questa scelta è stata fatta per integrare il fabbisogno alimentare delle famiglie, le quali necessitano di prodotti freschi che non si riescono a distribuire in modo costante con i pacchi viveri, e su scelta del Distretto di Riccione che ha in questo modo voluto collaborare al sostentamento delle famiglie in difficoltà del proprio territorio.

Gli alimenti e i prodotti per neonati sono stati circa 400 a un’ottantina di famiglie, soprattutto nelle Caritas di Coriano, Morciano e Viserba.

Il Fondo per il Lavoro, nonostante questo periodo così complesso per l’occupazione, è riuscito a inserire nel mondo del lavoro 17 persone ed ha avuto un incremento di domande (62 nuove domande nel 2020).

#EmporioRimini ha assistito 257 famiglie, riempendo 1.584 carrelli con alimenti freschi, surgelati, in scatola e con prodotti per l’igiene personale, per la casa e materiali scolastici quali quaderni, penne, gomme e matite.