Intervista a una famiglia monoreddito
Raccontami della tua famiglia, quanti siete, dove vivete?
Siamo in 4, io, mio marito e due bambini: la femmina di 9 anni e il maschietto di 7. Fino a qualche anno fa vivevamo in un comune della provincia di Rimini, io ero nata e sempre vissuta lì e anche i miei genitori, mio fratello e mia sorella vivono lì. Io lavoro dall’età di 14 anni, ho iniziato come baby sitter, barista, cameriera, poi mi sono specializzata come commessa, ho preso l’attestato come banconiera e ho sempre lavorato nei supermercati al banco, è un lavoro che mi piace e che mi dà soddisfazione perché sono a contatto con le persone. Mio marito ha sempre lavorato in nero, prevalentemente nell’allestimento delle fiere, fino a quando nel 2018 c’è stato un controllo e hanno licenziato tutti. Trattandosi di un lavoro in nero non ha percepito la disoccupazione e siamo rimasti da soli con il mio stipendio. Abbiamo chiesto aiuto alla mia famiglia, grazie a loro siamo riusciti a pagare le bollette e il cibo in casa non è mai mancato, ma il vero problema era pagare l’affitto, infatti nel giro di pochi mesi ci è arrivato lo sfratto esecutivo. Mi sono rivolta ai servizi sociali e ho scoperto che nel mio Comune non c’era possibilità di fare domanda per la casa popolare, quindi abbiamo deciso di spostarci a Rimini. Abbiamo trovato un affitto che costasse meno, ma dopo un po’ mio marito ha avuto un incidente e si è rotto la testa del femore, quindi per lui trovare un lavoro è diventato davvero impossibile.
Prima di questo periodo andava tutto bene?
Si può dire che i problemi sono iniziati qualche mese prima di quando sono rimasta incinta del secondo figlio, Lavoravo in un supermercato a tempo pieno, mi avevano già fatto due contratti a tempo determinato ed era arrivato il momento dell’indeterminato, invece hanno deciso di lasciarmi a casa per risparmiare assumendo degli stagisti. Anche mio marito in quel momento non lavorava perché lui soffre di problemi psichici, ha un’invalidità accertata e ogni tanto gli capitano delle crisi, poi si riprende, però deve sempre seguire una terapia di sostegno. In quel momento vivevamo della sua pensione di invalidità e della mia prima disoccupazione. Nello stesso periodo sono rimasta incinta del secondo figlio, nel frattempo mio marito è stato aiutato dai Servizi sociali con la Lg14 e qualche tirocinio e siamo riusciti ad andare avanti. Quando però è nato il maschietto mi sono resa conto che tornare a lavorare in supermercato era impossibile, i bimbi erano troppo piccoli e avevano bisogno della loro mamma. Mio marito stava bene ed aveva trovato lavoro in Spagna, per cui, anche volendo non potevo lasciare i bambini da soli per andare a lavorare.
Com’è cambiata la vostra vita quando vi siete trasferiti a Rimini?
Ho lasciato che i nostri figli continuassero la scuola nel comune dove abitavamo prima, perché ormai si erano ambientati e non volevo fargli cambiare scuola, inoltre i miei genitori abitano lì e così quando escono da scuola li vanno a prendere e spesso pranzano a casa dai nonni. Mio marito invece è appunto rimasto senza lavoro dal 2018 e alla fine del 2019 ha avuto questo incidente all’anca che l’ha ulteriormente debilitato. Doveva essere operato per mettere la protesi all’anca, ma è scoppiato il lockdown e tutto si è interrotto. Io nel frattempo avevo trovato lavoro in un altro supermercato in un altro Comune, per cui ho continuato a lavorare e a portare a casa lo stipendio, mentre mio marito si prendeva cura dei bambini a casa.
Come hanno vissuto questo tempo di pandemia i suoi bambini?
È stato certamente un tempo in cui sono stati molto con il loro papà, hanno giocato un sacco insieme e anche mio marito si è sentito molto utile nei loro confronti. Il piccolino però ha fatto più fatica, era all’ultimo anno di asilo e improvvisamente si è trovato senza amichetti, senza maestre e si è chiuso tantissimo. Di suo è molto introverso e questa situazione lo ha chiuso ancora di più. Quindi quest’estate, nonostante avessimo pochi soldi, ho deciso di mandarlo al centro estivo almeno 3 settimane, gli ha fatto molto bene, lo ha aiutato a riprendere socialità con gli altri e quest’anno che ha iniziato la prima elementare era pronto per affrontarla, ma senza quelle tre settimane non ce l’avrebbe fatta. È stato un sacrificio, ma è stato giusto farlo e poi alla fine il Comune mi ha anche rimborsato quei soldi, per cui sono contenta della mia scelta.
E adesso com’è la situazione?
Mio marito è stato finalmente operato, i bambini quest’anno sono andati a scuola, ma mio marito non ha più trovato lavoro, per cui si è sentito particolarmente inutile ed ha avuto un crollo, per cui è stato ricoverato per un mese per essere ricompensato con le medicine. Io sto continuando a lavorare, ma il mio solo stipendio non basta, per cui siamo nuovamente finiti sotto sfratto e ora il Comune ci ha messo in Emergenza abitativa e siamo in attesa che ci venga data una casa. Grazie alla Caritas siamo riusciti ad avere sempre del cibo in tavola, ma il mio desiderio più grande è che mio marito possa trovare un lavoro, perché lavorare lo aiuta tantissimo anche a livello di salute, ha bisogno di sentirsi utile. Vorrei tanto dare una stabilità abitativa ai miei figli, non dovergli far più cambiare casa, penso che a livello politico dovrebbero affrontare la questione abitativa, non possono esserci affitti da 700 euro, perché le famiglie non ce la fanno, la casa dovrebbe essere un diritto per tutti. Vorrei anche offrire ai miei figli una vita ricca di piccole cose: portargli ogni tanto in pizzeria, far visitare a mia figlia i musei, dato che a lei piace tanto l’arte, invece costa tutto troppo e loro sono costretti ad accontentarsi di quel che riusciamo a dargli.