Unità di strada

Il servizio dell’Unità di Strada è partito all’inizio del 2019. Nella prima fase siamo stati affiancati dalla Capanna di Betlemme, per poi a febbraio avviare l’uscita indipendentemente.

L’uscita si svolge tutti i lunedì sera dalle 20.30 e sporadicamente anche il mercoledì sera, offrendo insieme alle altre associazioni del territorio una continuità giornaliera. Attualmente noi della Caritas Diocesana siamo una quindicina di volontari che si alternano nei vari lunedì e mercoledì.

Per diventare volontario è molto semplice: tramite passaparola, locandine, inviti di amici, parrocchie, associazioni. Sei invitato anche tu che stai leggendo!!

Durante il lockdown dell’anno scorso la Capanna di Betlemme ha garantito il servizio per quanto possibile, mentre la Caritas è ripartita regolarmente a fine maggio.

Tutt’ora il servizio continua con la presenza di tre volontari a turno, nel rispetto di tutte le precauzioni del periodo. Si tratta di un servizio di “presa in carico leggera” in cui non c’è asimmetria tra i volontari e l’utente: l’offerta avviene in mancanza di una richiesta di aiuto esplicita in un luogo informale, ma a loro familiare. In questo caso è il servizio ad andare incontro agli utenti e non viceversa.

Le persone incontrate durante il 2020 sono all’incirca una ventina, principalmente uomini di mezza età e stranieri (rumeni, albanesi…). La presenza di una maggioranza straniera è dovuta alla poca conoscenza della lingua e ai problemi burocratici che causano una situazione lavorativa e familiare precaria. Tendenzialmente sono persone sole e senza famiglia; alcuni degli uomini hanno raccontato di essere divorziati con figli, poche sono le coppie incontrate.

La maggior parte lamenta la difficoltà nel trovare un qualsiasi tipo di lavoro, situazione peggiorata dalla pandemia in atto.

Molti degli “amici” con i quali abbiamo instaurato una specie di consuetudine, vivono da molti anni per strada e quasi tutti in seguito a problematiche familiari.

L’intera attività è accompagnata dalla stesura di una sorta di “diario di bordo” in cui sono inserite le tappe del territorio dove è segnalata la presenza di persone che dormono all’aperto in luoghi pubblici.

Di ogni persona senza dimora sono riportate, di volta in volta, le osservazioni, le richieste e i dialoghi.

Inoltre, ogni persona è inserita nel diario di bordo e chiamata da noi con il proprio nome.

Ad un primo “aggancio” segue gradualmente l’instaurarsi di una relazione di fiducia, che permette loro di chiedere e prendere consapevolezza dei sussidi che potrebbero avere sul territorio in cui abitano.

Per di più, sono persone affezionate ad alcuni quartieri specifici della città, limitrofi al centro. La tendenza prevalente è l’adozione di uno spazio, una zona, che può essere la fermata di un autobus, il retro di un bar, una zona del lungomare riparata, che diventa per loro una sorta di “casa”.

Ciò ha permesso di incontrare, di settimana in settimana, più o meno sempre le stesse persone. L’unico luogo in cui si nota un po’ più di “ricambio”, soprattutto d’estate, è la Stazione ferroviaria.

Prevalentemente sono soliti dormire da soli. D’estate, nel parco nei pressi dell’ospedale, si creano alcuni “gruppi”. Tre o quattro di loro vivono in camper.

L’impegno di scendere in strada per offrire loro un bicchiere di thè caldo, una coperta e un pacchetto di biscotti è solo una sorta di collegamento per far sì che si instauri una relazione alla pari e di fiducia in cui le persone si possano sentire libere di chiacchierare e trovare appoggio.

Questo deve permettere, per quanto possibile, di sopperire alla condizione di solitudine e marginalità sociale, considerando che il fatto di presentarci in modo non-istituzionale, in un secondo momento, li ha incoraggiati ad avvicinarsi alla struttura per chiedere aiuto.